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2.8.2010 Santiago

Oggi finalmente si arriva a Santiago! La giornata però parte con un  po’ di tristezza ed agitazione. Oggi è l’ultimo giorno con i nostri compagni di viaggio. Facciamo circa 23km, un vero massacro a causa dei forti dislivelli e per la strada quasi tutta sterrata e percorsa sotto la luce diretta del sole.

Paesaggi come acquarelli!

La salita di Mote do Gozo, è effettivamente dura, soprattutto perché sembra non si arrivi mai. Una volta giunti al monumento eretto in memoria del pellegrinaggio di Giovanni Paolo II in occasione della GMG del 1986,  con la periferia di Santiago ormai all’orizzonte, le emozioni sono contraddittorie. La visione della meta che dovrebbe riempire il cuore di gioia, in realtà ricorda che il meglio è passato, che il cammino è di fatto finito, che si deve scendere da quel monte (do Gozo! – che significa della Gloria) sul quale sarebbe molto bello costruire “tre tende” (Mt 17,4) ! Ma il cammino ha anche i suoi ritmi e dopo una pausa per riprendersi, prima degli ultimi 4km, si riparte abbastanza velocemente cercando di scacciar via ogni malinconia prematura e richiamando alla memoria, per non perderlo, ciò che ci ha portato sin qui, i profumi e gli odori della Galizia rurale, gli incontri, le chiese, i paesaggi.

Queste ciabatte hanno fatto più di 80Km!

Arriviamo in  tempo, distrutti, come veri pellegrini, sporchi e sudati alla messa del pellegrino, quella delle 12, nella splendida cattedrale di Santiago. La chiesa è strapiena, celebriamo la messa sedendoci per terra, alla base di una colonna. E’ il vero culmine di tutto il cammino, di un’esperienza di Dio così profonda da non consentire di trattenere le lacrime per l’emozione, per la consapevolezza di essere amati così come si è, gratuitamente, anzi, di essere amati proprio in forza di ciò che si è!

La condivisione con gli altri pellegrini e soprattutto, la condivisione con il nostro gruppo adottivo dei Salesiani (dai quali non ci siamo separati neanche per un momento) di ogni cosa: dal mangiare al dormire, dalle gioie ai timori, le ansie, gli acciacchi e soprattutto della fede, ha creato un legame talmente forte tra noi, “Gli italiani”, e loro, al punto che lasciarli sarà effettivamente uno strazio.

In ogni caso, oggi facciamo tutto insieme: la messa, il ritiro della compostela, l’abbraccio al Santo e ovviamente tutte le enormi file necessarie! Malgrado io e Daniela avessimo altri tre giorni a Santiago, mentre loro partiranno già domani, è con loro che decidiamo di vivere il nostro “Arrivo a Santiago”! Ci separiamo solo una mezz’ora nella quale cerchiamo una pensione disponibile per la notte successiva e ci ritroviamo poi, ormai sono le 19, tutti seduti per terra nella piazza di fronte alla splendida facciata barocca della cattedrale.

Interno della cattedrale

Da questa colonna abbiamo celebrato la messa del pellegrino!

A cena mangiamo una pizza, e dopo sul pavimento di legno del “Centro Don Bosco” si fa un’ultima assemblea (condivisione delle emozioni della giornata che abbiamo fatto prima di dormire quasi ad ogni tappa) addolcita con una torta, latte e cacao.

Questa è l’ultima notte, una notte strana, è l’ultima notte insieme, una notte che ha il tono dell’addio. Domani  ci dovremo salutare. Tutti pensano ai saluti del giorno dopo, perché nel frattempo non solo noi ci siamo affezionati a loro, ma anche loro si sono affezionati a noi. Nel portafoglio ho quanto di più prezioso si possa avere: i loro indirizzi, le loro email, i loro contatti facebook.

Ricordo il silenzio di quella notte, un silenzio malinconico e triste, tra la speranza per il domani ed il dolore del saluto, un saluto che ha un po’ il sapore dell’inquietudine di chi sa e conosce bene il valore di ciò che sta lasciando. Non c’è più niente da dirsi ormai, si sta in silenzio, ognuno nel proprio letto, lanciando un’occhiata ogni tanto al vicino per vedere se già dorme, per incrociare ancora una volta gli sguardi. Il cammino infatti non è solo una metafora di tutta la vita, ma ne fa anche parte. E’ un condensato di situazioni reali, tangibili, non è un gioco! Il cammino non è un grande “parco a tema”. Quando si riesce a concluderlo, e soprattutto, quando ci si riesce grazie alla comunione in Cristo con gli altri pellegrini, come è successo a me e Daniela, si vorrebbe che anche tutta la vita fosse così: si vorrebbe che quei compagni di cammino, quelle dinamiche di solidarietà, unione, affetto, gratuità, amore, ci fossero ogni giorno della propria esistenza. Ecco cosa si saluta in questa notte, ecco perché è così difficile lasciare il cammino, ecco perché questa notte è fin troppo, troppo breve. Già la città di Santiago, infatti, è una città ricca di contraddizioni che fa perdere quasi tutta quella magia del pellegrinaggio: qui non sei più un pellegrino, ma un turista di cui diffidare, a cui spillare denaro speculando sulla fede.

Il ritorno a casa, seppur desiderato ardentemente, mette un po’ paura. Il cammino è capace di cambiarti in pochi giorni, ma quando torni a casa sai già che tutti gli altri saranno quasi sicuramente rimasti come prima, come quando li hai lasciati. Per loro la vita, in questi pochi giorni, è trascorsa normalmente, senza variazioni, e sarà difficile dire, spiegare, raccontare emozioni e sentimenti, avventure ed errori. Sarà invece molto facile essere risucchiati dalla routine, dalle solite dinamiche che si vorrebbe abbandonare, dagli errori che non si vorrebbero più ripetere e per i quali, magari, ci si è messi in cammino.

Il cammino è un dono, un dono di Dio e come tale va protetto, protetto nel segreto del proprio cuore. Deve essere custodito ed accudito affinché porti frutto. Il cammino è un seme gettato nel più intimo di sé stessi che, se curato diligentemente, porterà sicuramente frutti inaspettati.

Gioie, sorrisi, abbracci, lacrime, dolori, sforzi, soddisfazioni, delusioni, scoraggiamento, emozioni, baci, benedizioni, coraggio, paura, solitudine, tutto va conservato e tutto va protetto perché il cammino ha il potere di purificare ogni cosa affinché diventi segno e strumento di grazia.

E’ proprio questo a mio avviso, alla fine di questa esperienza, il potere più grande del cammino: purificare il cuore, purificare atteggiamenti, intenzioni, errori. Se infatti nel cammino, ci si mette di fronte oltre che a Dio, anche a noi stessi, ai propri difetti, ai propri peccati, alle paure, alle speranze, ai desideri, questi verranno certamente purificati e diverranno, là dove magari erano ostacolo, un mezzo, un aiuto, per la realizzazione di sé stessi nell’amore di Dio.

“La pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo” (Salmo 117)

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