La giornata comincia già nella notte! C’è un problema con il pullman che dovevamo prendere, così, i conducenti dell’ALSA ci portano alla stazione sud di Madrid dove prendiamo un altro pullman che, seppur partendo con mezz’ora di ritardo, dopo una notte movimentata ci porta a Pedrafita do Cebreiro alle 6 in punto. Solo non avevo assolutamente previsto che in Spagna, a quella latitudine alle sei del mattino… è notte fonda! L’autista del pullman ci lascia dunque nel bel mezzo del nulla e (praticamente) nel bel mezzo della notte. Per chi volesse vedere il posto, ecco la posizione esatta grazie a StreetView! Nessuna indicazione ad accoglierci, niente e nessuno!
Al lato della fermata, appoggiati sul vaso di una pianta io e Daniela, un po’ terrorizzati dalla situazione e poco lucidi per la stanchezza, riponiamo il cuscino gonfiabile che avevamo usato sul pullman e, zaino in spalla, iniziamo a girovagare per cercare quantomeno la direzione. Su Google Maps avevo già inquadrato la zona prima di partire, ma su google la foto è ovviamente di giorno. Non potevo certo immaginare la desolazione della notte. In ogni caso è stato un girovagare durato al massimo una mezz’oretta non di più, perché, dopo aver trovato l’inizio di quella famosa “salita al cebreiro”, spaventati e forse un po’ pentiti, vediamo in lontananza un furgoncino fermo, ma con i fari accesi. Decidiamo di avvicinarci per chiedere informazioni.
Arrivati fin lì busso al finestrino lato conducente e chiedo se parlassero inglese. L’autista mi dice di no, ma dal sedile posteriore un signore dice di parlare francese. Contento come una pasqua dico che il francese va benissimo e gli chiedo a quel punto se loro stessero salendo e se eventualmente potessero darci un passaggio fino a su. Senza farselo ripetere due volte ci fanno caricare gli zaini e ci portano al Cebreiro. C’erano quattro persone a bordo, oltre al conducente ed al signore che parlava francese, un altro sulla quarantina ed una signora sulla sessantina. Ci sentiamo tranquilli, sono palesemente pellegrini! Scesi dal furgoncino li ringrazio ancora incredulo della loro disponibilità e offro loro la colazione. Dal canto mio prendo uno dei più brutti caffé della mia vita: una specie di beverone annacquato tremendo.
Lì questo signore che parla francese, Emilio, mi dice che sono un gruppo di 16 persone appartenenti ad un collegio di Salesiani a Huesca, città aragonese vicina alla Francia. Senza che io gli chiedessi nulla, mi mostra le tappe che hanno intenzione di fare e gli alberghi dove andranno a dormire. Sembrava davvero orgoglioso della loro organizzazione e soprattutto orgoglioso di essere un ex allievo e poi professore di religione in pensione nello stesso collegio dei salesiani. Ci chiede dunque quasi immediatamente se vogliamo fare un pezzo di strada insieme, visto che anche noi avevamo Triacastela come meta e che qualora lo desiderassimo, potevamo posare gli zaini nel furgoncino e riprenderli a destinazione. Rifiutiamo di posare gli zaini, ma accogliamo con stupore e sollievo l’offerta di fare il cammino con loro. D’un tratto la paura e l’ansia dei giorni precedenti sembrava come sparita.
Verso le 7, quando ormai cominciava ad albeggiare, arrivano gli altri componenti del gruppo, che ci hanno accolto come se ci conoscessimo da sempre. Sono un gruppo di studenti del collegio dei salesiani, oppure facenti parte di una parrocchia affidata allo stesso ordine, di età compresa tra i diciassette ed i diciotto anni, con altri tre accompagnatori, tra cui un sacerdote salesiano.Ci regalano la maglietta del collegio, ci facciamo la foto di rito con loro ed iniziamo a camminare. Da questo momento in poi siamo stati insieme per tutto il viaggio, per tutte le tappe, ogni singolo momento della giornata.
Loro sono stata la risposta della provvidenza alle nostre domande, loro sono stati il nostro cammino ed in un certo senso, anche noi siamo stati il loro. La differenza di lingua e di nazione sembrava non ci fosse affatto, è stata una delle esperienze di Chiesa e di comunione più belle che abbia mai fatto. Questi giovani, con i loro accompagnatori, sono stati il simbolo più bello dell’amore di Dio per noi, un simbolo che il Signore ci ha voluto donare perché ne facessimo esperienza concreta.
Arrivato a Tricastela sul mio diario, che nel frattempo avevo più intitolato «note sparse» ho scritto:
E’ successo l’incredibile! Disperati e soli a Piedrafita siamo stati adottati (in piena notte!) da un gruppo di salesiani spagnoli! Molte sono le cose che questa esperienza mi suscita:
- L’amore è gratuito! Mi sento davvero amato da queste persone.
- “Esto es el camino” Lo continuano a ripetere in continuazione. Pare che io e Dani siamo il prossimo che il Signore ha mandato loro. E’ come se le cose si fossero invertite, come nella parabola del buon samaritano (Lc 10,25-37)…
Il cammino è il cammino. dopo lo sconforto della mattina stasera mi sento carico… non tanto di fisico quanto di spirito. Grazie ai nostri nuovi amici spagnoli possiamo rilassarci un po’, godere dell’amore di Dio e cercare di dare una risposta alla domanda di ieri.
Perché il cammino?
Perché nella vita si arriva talvolta ad un punto di stallo, conosciuto, monitorato, ma senza possibilità di mutarlo. Ho allora io una domanda per il cammino: “Sei capace di dare la sterzata ad una vita, come dicono tutti?”
Buenas noches! e domani Sarria!