Qualche appunto preso prima di partire. Tra dubbi e perplessità, lunghe camminate ed incertezze. L'acquisto del necessario ed il tentativo di aggrapparsi alle proprie motivazioni per vincere la paura di un cammino così incerto.
Diario dei primi giorni dopo la decisione di partire! Dopo aver prenotato i voli, ormai era fatta… non restava solo che realizzare mentalmente l’avventura che da qui in poi sarebbe iniziata…
A quanto pare dopo tanto averlo sognato quest’anno vado a Santiago! Oggi dopo una lunga tribolazione ho prenotato i voli. E’ stato un attimo di incoscienza pura. Partirò solo con la mia fidanzata, all’avventura, facendoci guidare un po’ dalle situazioni, giorno dopo giorno, e la cosa mi spaventa un po’! Da bravo ingegnere ho imparato a programmare tutto, a progettare ogni singolo dettaglio per evitare che l’intero sistema vada in crash. Stavolta no, ho solo due biglietti in mano, ho solo gli aerei sicuri, il resto bisognerà vederlo strada facendo. Tra l’altro i fondi non sono certo illimitati ed ogni errore, specie con le compagnie low cost si paga caro!!
Staremo a vedere, abbiamo tre settimane per prepararci al meglio, fisicamente e spiritualmente, ma anche per procurarci il necessario. Certo, lo devo ammettere, da bravo ingegnere non ho intenzione di cedere il tutto per tutto al teologo: la tecnologia non mi deve certo mancare…. caricherò tutto sul GPS, tappe, albergue e quant’altro!!
6.7.2010 Primo equipaggiamento e test
Oggi io e la mia fidanzata siamo andati da Adventure Time, di fattol’unico negozio per l’escursionismo di tutta Palermo, per comprare “l’equipaggiamento”, in pratica scarpe da Trekking, zaino e un telo bagno salvaspazio. Malgrado la frenesia di Palermo sotto il caldo estivo ci abbia portato via praticamente tutta la mattina e buona parte del primo pomeriggio non abbiamo indugiato, ed oggi abbiamo percorso i nostri primi chilometri armati delle nostre nuove scarpe! Questo perché sotto consiglio di tutti, dobbiamo collaudarle. Abbiamo percorso 7,5Km poca roba in realtà, ma ci abbiamo messo un’ora e mezza… a me lascia veramente ben sperare. Nei prossimi giorni continueremo gli allenamenti!
Continuiamo gli allenamenti, io e Daniela ci “divertiamo” a fare una decina di chilometri un paio di volte a settimana in attesa della partenza. Siamo perfettamente consapevoli che qualsiasi allenamento non sarà mai sufficiente… In realtà cerchiamo soltanto di abituarci all’idea che dobbiamo camminare!
Talvolta mi chiedo se effettivamente, a partire soli, non stiamo facendo il passo un po’ più lungo della gamba. Mah! La verità è che sia io che Dani stiamo vivendo un po’ la cosa alla “Romano Guardini” cioè cercando di coglierne tutta la portata simbolica.
Quasi tutti quelli che ci conoscono si chiedono se dopo cinque anni che stiamo insieme torneremo da Santiago ancora fidanzati! Chi ci sta vicino la vede un po’ una prova, una prova della nostra volontà di stare insieme, una prova di autenticità del nostro amore. All’inizio li prendevo tutti per pazzi, ora più passa il tempo, più mi convinco che forse hanno ragione: è una bella prova di fiducia reciproca. A proposito, oggi ho scoperto che O Cebreiro, la nostra prima tappa, si trova su un monte e che il pullman ci lascia alle falde! Primo imprevisto… per fortuna siamo ancora a Palermo e abbiamo tutto il tempo di rimodulare il tutto!
Leggendo qua e là su Internet mi rendo sempre più conto che tutti quelli che decidono di andare a Santiago si preparano, cioè qualche mese prima cominciano a fare camminate, esercizi fisici, palestra e via dicendo. Insomma pare proprio che Santiago sia una specie di sfida estrema per veri duri, una gara di resistenza fisica. Personalmente mi rifiuto categoricamente di considerarlo così.
Ciò che mi aspetto da Santiago è di imparare, nel vero senso della parola, ad affidarsi alla provvidenza. La provvidenza, sì, cioè quella consapevolezza di essere nelle mani di Dio ed affidarsi a Lui, alla sua volontà, costringerlo con la nostra stessa fiducia, con il nostro rimetterci a Lui, ad agire concretamente, e un Dio che è capace di donare la vita per l’uomo non potrà certamente lasciarci delusi. Dio non si lascia vincere in generosità dalle sue creature.
Sono uno che è abituato a programmare, a progettare tutto e do letteralmente di matto quando qualcosa, anche minima, sfugge al mio controllo. Bene, Santiago è un viaggio in cui non puoi programmare assolutamente nulla, ed io – forse in un momento di incoscienza – ho deciso di partire! Vi dirò di più, ho rinunciato anche al GPS! La credenziale, che ho richiesto alla confraternita di San Jacopo (è il documento che serve a dimostrare che sei un pellegrino lungo il cammino) con molta probabilità non arriverà in tempo, grazie ovviamente all’efficientissimo sistema postale italiano. Dovremo prenderla direttamente a O Cebreiro (la nostra prima tappa). Secondo (mini)imprevisto, mi sa che mi ci devo abituare.
La provvidenza, ecco di cosa voglio fare esperienza, la sicurezza di chi sa di essere amato da un Dio che è amore. E di questa sicurezza, di questa pace interiore, io e Daniela ne avremo bisogno per tutta la vita. Sono convinto che molti matrimoni che iniziano con tutte le buone intenzioni inizino a vacillare proprio per mancanza di fede nella provvidenza: come dicevo, spero che Santiago sappia insegnarcela per la vita! A proposito… per questa settimana abbiamo interrotto gli allenamenti!
Non tutti capiscono perché abbiamo deciso di partire. Qualcuno addirittura ci consiglia di “barare” e di farcela tutta in pullman. Qualcun’altro, invece, ci parla di scenari magnifici, bellezze artistiche e paesaggistiche. Altri ancora ci chiedono cosa faremo durante il cammino…. il rosario?
Spesso si parte cercando risposte. Viaggi intorno al mondo, alla ricerca di mete suggestive, oppure ancora alla ricerca di spiritualità anche dalla tendenza new-age! Non credo a queste cose! Le risposte non si trovano certo in giro per il globo. Ho una convinzione, consolidata negli anni: non si parte cercando risposte. Chi parte cercando risposte tornerà a casa deluso da sé stesso, dalla meta e dal viaggio. Le risposte si cercano a casa, ed una volta trovate, solo dopo si “parte” ed allora sì che il viaggio sarà stupendo! E’ questo il motivo per cui non cerco risposte a Santiago e neanche conferme. Ho deciso di mettermi in cammino, proprio per il cammino in sé, un cammino che voglio fare insieme alla mia fidanzata, un po’ il simbolo della vita che vogliamo costruire insieme. E al di là di tutto, un simbolo non è un segno inutile, anzi! Un simbolo è qualcosa che appartiene, senza esaurirla, alla cosa che simboleggia. Se vogliamo è un po’ un frammento, una porzione, che ha in sé le qualità dell’intero, ma che sicuramente non è l’intero.
Ecco perché parto, perché per me – per noi – Santiago è un simbolo tangibile, una dimensione sovratemporale e sovraspaziale, dove si concentrano al contempo, la prospettiva della fatica, delle gioie, delle mete, dei traguardi, delle attese, delle delusioni, della pazienza, della provvidenza e dunque della Fede.
Nota organizzativa: Grazie alla cortesia e all’aiuto della confraternita di San Jacopo sono arrivate le famigerate credenziali! Come dicevo nello scorso intervento, pensavamo di doverle prendere al Cebreiro. Se, come dicevo, le risposte vanno cercate a Palermo… a quanto pare anche la credenziale! E’ ovvio che la cosa ci fa ben sperare che tutto andrà per il meglio. Non vorrei essere esagerato, ma considero il fatto che i documenti siano arrivati un primo assaggio della provvidenza… un simbolo della provvidenza!
La data di partenza si avvicina! Io e Dani abbiamo già tutto pronto… più che altro spero di non dimenticare niente. I nostri zaini si attestano sotto i sei chili! Stamattina mentre preparavo il gelato (ebbene sì ne sono un patito!) pensavo ovviamente a Santiago, e per così dire riflettevo come in maniera inconsapevole abbia cominciato a considerare questo viaggio come un check point, non tanto come un momento di check – di revisione – quanto piuttosto come una linea di demarcazione che segnerà l’inizio di un nuovo periodo.
L’ultima volta che ho avuto questa sensazione è stata per la GMG del 2005 ed effettivamente non avevo sbagliato. E’ proprio alla GMG del 2005 che ho conosciuto la mia fidanzata… e forse è proprio la GMG che ci porta adesso a Santiago. Cosa sarà mai Santiago e che risvolti avrà nella mia, anzi nella nostra vita? Con questa domanda, in questa torrida mattina di Luglio… prendo il costume e vado a mare!
In cammino ogni pellegrino, dal più volenteroso fino al meno diligente, tiene un diario. Anch'io ho fatto così! Molte sono le sensazioni, gli stati d'animo che si susseguono ad ogni lungo chilometro. Molte le persone incontrate, i paesaggi, le esperienze, tutte occasioni di grazia, ricche di spiritualità.
Domani, finalmente, dopo tanto averlo sognato, dopo tanto averlo preparato, io e Daniela (la mia fidanzata!) partiamo per Santiago. L’organizzazione del viaggio, l’equipaggiamento, gli allenamenti ci hanno più o meno impegnati intensamente nelle scorse settimane, questo il motivo della carenza di articoli!!! I miei fidati lettori però non si sentano affatto trascurati, sto preparando infatti un diario sul pre, sul post e sul durante della mia esperienza di Santiago.In questi giorni, infatti, ho scritto tutte le mie riflessioni su questa mia “avventura”, ma aspetto di tornare per pubblicare il mio diario per intero! I miei amici altrettanto! Scusate il nostro assenteismo… al ritorno ci rifacciamo! Ci si risente il 7 agosto! Ciao!
Ecco la nostra prima tappa, mi trovo a Madrid. Riporto qui quanto ho scritto sul mio piccolo moleskine, tra ansie e attese!
«Diario del capitano! Siamo svegli dalle 7 del mattino per arrivare a prendere un volo Ryanair da Trapani. Adesso, fermi in un bar del T4 dell’aeroporto di Madrid-barajas aspettiamo di prendere un pullman dell’ALSA che ci porterà a Pedrafita do Cebreiro. Fino ad ora è stato tutto abbastanza facile solo, adesso, bisogna beccare la fermata giusta di questo pullman.
Siamo stanchi… sono le 21 ed ho l’impressione che sia un giorno che viaggiamo e che non siamo arrivati da nessuna parte! Mentre arrivavo fin qui pensavo che forse si parte, si va lontano, per ritrovare casa propria al rientro. Vedendo la Sicilia che si allontanava, mentre salutavo la mia famiglia, mi chiedevo se, in fondo, non partissi solo col pensiero di ritrovarli al mio rientro. Come scrivevo già in qualche post di “preparazione”, le domande e le risposte si trovano a casa e non altrove. Se si parte, però, allora vuol dire che si cerca qualcosa… ma cosa cerco io di preciso e cosa posso sperare da questo viaggio?
Con questa domanda mi riposo un po’ aspettando le 23:59 alla volta di Piedrafita.»
La giornata comincia già nella notte! C’è un problema con il pullman che dovevamo prendere, così, i conducenti dell’ALSA ci portano alla stazione sud di Madrid dove prendiamo un altro pullman che, seppur partendo con mezz’ora di ritardo, dopo una notte movimentata ci porta a Pedrafita do Cebreiro alle 6 in punto. Solo non avevo assolutamente previsto che in Spagna, a quella latitudine alle sei del mattino… è notte fonda! L’autista del pullman ci lascia dunque nel bel mezzo del nulla e (praticamente) nel bel mezzo della notte. Per chi volesse vedere il posto, ecco la posizione esatta grazie a StreetView! Nessuna indicazione ad accoglierci, niente e nessuno!
Al lato della fermata, appoggiati sul vaso di una pianta io e Daniela, un po’ terrorizzati dalla situazione e poco lucidi per la stanchezza, riponiamo il cuscino gonfiabile che avevamo usato sul pullman e, zaino in spalla, iniziamo a girovagare per cercare quantomeno la direzione. Su Google Maps avevo già inquadrato la zona prima di partire, ma su google la foto è ovviamente di giorno. Non potevo certo immaginare la desolazione della notte. In ogni caso è stato un girovagare durato al massimo una mezz’oretta non di più, perché, dopo aver trovato l’inizio di quella famosa “salita al cebreiro”, spaventati e forse un po’ pentiti, vediamo in lontananza un furgoncino fermo, ma con i fari accesi. Decidiamo di avvicinarci per chiedere informazioni.
Arrivati fin lì busso al finestrino lato conducente e chiedo se parlassero inglese. L’autista mi dice di no, ma dal sedile posteriore un signore dice di parlare francese. Contento come una pasqua dico che il francese va benissimo e gli chiedo a quel punto se loro stessero salendo e se eventualmente potessero darci un passaggio fino a su. Senza farselo ripetere due volte ci fanno caricare gli zaini e ci portano al Cebreiro. C’erano quattro persone a bordo, oltre al conducente ed al signore che parlava francese, un altro sulla quarantina ed una signora sulla sessantina. Ci sentiamo tranquilli, sono palesemente pellegrini! Scesi dal furgoncino li ringrazio ancora incredulo della loro disponibilità e offro loro la colazione. Dal canto mio prendo uno dei più brutti caffé della mia vita: una specie di beverone annacquato tremendo.
Lì questo signore che parla francese, Emilio, mi dice che sono un gruppo di 16 persone appartenenti ad un collegio di Salesiani a Huesca, città aragonese vicina alla Francia. Senza che io gli chiedessi nulla, mi mostra le tappe che hanno intenzione di fare e gli alberghi dove andranno a dormire. Sembrava davvero orgoglioso della loro organizzazione e soprattutto orgoglioso di essere un ex allievo e poi professore di religione in pensione nello stesso collegio dei salesiani. Ci chiede dunque quasi immediatamente se vogliamo fare un pezzo di strada insieme, visto che anche noi avevamo Triacastela come meta e che qualora lo desiderassimo, potevamo posare gli zaini nel furgoncino e riprenderli a destinazione. Rifiutiamo di posare gli zaini, ma accogliamo con stupore e sollievo l’offerta di fare il cammino con loro. D’un tratto la paura e l’ansia dei giorni precedenti sembrava come sparita.
Verso le 7, quando ormai cominciava ad albeggiare, arrivano gli altri componenti del gruppo, che ci hanno accolto come se ci conoscessimo da sempre. Sono un gruppo di studenti del collegio dei salesiani, oppure facenti parte di una parrocchia affidata allo stesso ordine, di età compresa tra i diciassette ed i diciotto anni, con altri tre accompagnatori, tra cui un sacerdote salesiano.Ci regalano la maglietta del collegio, ci facciamo la foto di rito con loro ed iniziamo a camminare. Da questo momento in poi siamo stati insieme per tutto il viaggio, per tutte le tappe, ogni singolo momento della giornata.
Loro sono stata la risposta della provvidenza alle nostre domande, loro sono stati il nostro cammino ed in un certo senso, anche noi siamo stati il loro. La differenza di lingua e di nazione sembrava non ci fosse affatto, è stata una delle esperienze di Chiesa e di comunione più belle che abbia mai fatto. Questi giovani, con i loro accompagnatori, sono stati il simbolo più bello dell’amore di Dio per noi, un simbolo che il Signore ci ha voluto donare perché ne facessimo esperienza concreta.
Arrivato a Tricastela sul mio diario, che nel frattempo avevo più intitolato «note sparse» ho scritto:
E’ successo l’incredibile! Disperati e soli a Piedrafita siamo stati adottati (in piena notte!) da un gruppo di salesiani spagnoli! Molte sono le cose che questa esperienza mi suscita:
Il cammino è il cammino. dopo lo sconforto della mattina stasera mi sento carico… non tanto di fisico quanto di spirito. Grazie ai nostri nuovi amici spagnoli possiamo rilassarci un po’, godere dell’amore di Dio e cercare di dare una risposta alla domanda di ieri.
Perché il cammino?
Perché nella vita si arriva talvolta ad un punto di stallo, conosciuto, monitorato, ma senza possibilità di mutarlo. Ho allora io una domanda per il cammino: “Sei capace di dare la sterzata ad una vita, come dicono tutti?”
Buenas noches! e domani Sarria!
La camminata di oggi è stata assurda! Insieme ai nostri nuovi amici abbiamo seguito la più lunga delle due possibili vie per raggiungere Sarria da Tricastela, vale a dire la deviazione di Samos. E’ una strada nuova, che prevede un aumento di almeno 5 km, ma soprattutto prevede 15 chilometri di bosco incontaminato, di sentiero immerso nella natura, senza incontrare alcun punto di ristoro. L’altra via, quella tradizionale, che si raggiunge seguendo le indicazioni per San Xil, ci fanno sapere due pellegrini torinesi incontrati qualche giorno dopo a Santiago, è molto più caotica e costeggia quasi interamente la statale, continuamente attraversata da Tir. Il percorso per Samos è stato segnato proprio per consentire una tappa più naturalistica e soprattutto più tranquilla e meno pericolosa.
A mio avviso, avrei preferito fare la tappa più breve! Oggi, infatti, Daniela ha avuto un mancamento, a causa del caldo e della fatica, e di fatto è stato proprio grazie all’aiuto di questi nostri fratelli spagnoli che siamo riusciti a raggiungere sani e salvi l’albergue di Sarria. Mi sono sentito un po’ come Pietro, quando seguendo il Signore sulle acque stava per affondare (Mt 14,22-33).
La tappa è stata proprio lunga ed estenuante, anche perché quando siamo partiti non sapevamo neanche quello che ci aspettava! Oggi però, grazie anche alla stanchezza, ho pensato molto al motivo per cui ci si mette in cammino, al motivo perché così tante persone decidono di camminare, oltre che sul senso del mio stesso di tutta questa strada. Grazie a questi miei interrogativi, ho focalizzato qualcosa di importante oltre che, forse, ho trovato risposta alla mia domanda sul cammino, quella domanda amletica che mi ponevo seduto all’aeroporto di Madrid. Un incontro è stato determinante: una signora bolognese, maestra elementare sposata con un siciliano, che stava facendo il cammino per intero (oltre 850km) con il marito ed una coppia di amici, mi parlava del suo cammino ed io le condividevo il mio. Si è arrivati ben presto a parlare di progetti di vita, di sogni, di aspirazioni, di fede. Lei mi diceva come nel cammino ha trovato una pace enorme, e come talvolta desiderasse di essere completamente sola, con sé stessa e con la natura intorno a lei.
Da questa conversazione, veramente sorprendente, mi si è finalmente delineato con chiarezza il senso del mio cammino, e inizio ad intuire il senso in generale del cammino di Santiago. Tutto nasce dal fatto che, sia che lo si faccia con fede, sia che non lo si affronti come un pellegrinaggio cristiano, è sicuramente un momento di stacco dalla routine di tutti i giorni, un momento di stacco dove le persone cercano sè stessi, cercano cioè di riappropriarsi di sè facendo spazio innanzitutto dentro il caos della propria mente e dei propri pensieri. Non è desiderio di evasione, ma anzi desiderio di tornare in sè, non è una fuga, ma un ritorno. Il cammino con i suoi silenzi e con i suoi rumori, con la sua natura che potrebbe anche ucciderti in ogni momento, ma non lo fa, crea nel cuore del pellegrino uno spazio vuoto, uno spazio nel quale ognuno è finalmente libero a sua volta di riempirlo come crede, di riempirlo innanzitutto con i suoi sogni, con i suoi desideri, con le sue stesse emozioni per le piccole cose. E’ uno spazio vuoto dove finalmente si può ricominciare a sperare, si può ricominciare a guardare il cielo con fiducia e serenità, malgrado la stanchezza, i problemi che si sono lasciati a casa e che sicuramente saranno ancora lì al rientro, sempre gli stessi, solo che il pellegrino, quello vero, non sarà più lo stesso di quando è partito. Ho capito che non si torna mai come prima.
Per quel che mi riguarda ho realizzato che la mia situazione nel cammino era invertita. Sono sempre stata una persona meditativa, che si prende i suoi spazi, che riflette molto e lotta ogni giorno per non disperdersi nella routine quotidiana. All’inizio del cammino, invero, io di spazio nel mio cuore ne avevo molto, moltissimo, solo che mi sono reso conto di quanto fosse inutilizzato!! Parlando con la signora bolognese ho capito come il cammino ha fatto “il miracolo” anche a me, riempiendomi proprio quello spazio vuoto che avevo già dentro di me. L’incontro con il gruppo dei salesiani innanzitutto, ma anche ogni altro incontro, ha riempito a tal punto il mio cuore da rinfrancarmi lo spirito e donarmi nuovo entusiasmo e nuova voglia di fare. “Esto es el camino” si diceva ieri ed è proprio vero. Il cammino è un momento di grazia, un dono di Dio. Nel cammino ti ritrovi a parlare di cose molto intime con persone sconosciute, che magari non conoscono la tua lingua, e che fanno a loro volta altrettanto! Ti parlano di vuoti, figli, amici, paure, debolezze, tristezze, malattie, fede. Il cammino (Dio) mi ha dato esattamente ciò di cui avevo bisogno sia per il cammino in sé, che per la mia vita spirituale, e gliene sono grato…
Nota, un po’ goliardica… in questo via vai di gente, figurati se potevo resistere alla tentazione di parlare di Teologia! Per il futuro è bene ricordarsi che non è una buona idea parlare di argomenti teologici scottanti in una lingua che non conosci!!!!!!
Domani si va a Portomarin!
‘Notte!
La camminata di oggi è stata favolosa! Da Sarria in poi il paesaggio cambia e diventa più “civilizzato”! Dopo la fatica e l’ansia di ieri, il percorso di oggi procede molto bene, sarà forse per i numerosi boschi di conifere che ricordano la Sicilia, sarà sicuramente perché ormai ci siamo davvero affiatati con i nostri amici, fratelli, spagnoli. Compagni di viaggio e di fede eccellenti, ci hanno assimilato completamente a loro e non fanno altro che dire che siamo un gruppo di 18! Si è creata una vera e propria comunione spirituale che va ben al di là della condivisione dell’organizzazione o degli albergue. Si comincia a condividere pezzi di vita in una intimità alla quale difficilmente la città ci ha abituato e con una fiducia reciproca che dopo soli 3 giorni sarebbe inaudita in condizioni diverse. Sono felice, oggi sì e pienamente, malgrado all’arrivo a Portomarin il mio piede sinistro fosse davvero in condizioni pietose: mi si è staccata praticamente tutta la pelle del mignolo che ormai è a “carne viva”. Il dolore è veramente tanto, non so come farò a camminare, si vedrà direttamente domani mattina!
Portomarin è su un fiume e l’albergue ha una vista mozzafiato. Mi comincio a chiedere cosa faremo quando arriveremo a Santiago, se non rimarremo delusi dopo tante belle emozioni. I giorni iniziano a scivolare via veloci! Inizio a pensare alle persone che probabilmente non rivedrò mai più, a quei “compagni di viaggio” che non fanno parte del nostro gruppo, ma che si incontrano puntualmente ad ogni tappa. Tra di questi c’è una ragazza siriaca, Marina, con la quale abbiamo parlato delle sofferenze dell’essere cristiani in un paese islamico ed una coppia di francesi, della Normandia, che stavano facendo il cammino insieme ad un loro amico sacerdote i quali si sono stupiti molto quando hanno saputo che noi, due italiani, ci siamo integrati così tanto in un gruppo di spagnoli conosciuti grazie al cammino. In effetti a me non smette mai di sorprendere e di emozionare: è un’esperienza di amore gratuito come difficilmente se ne riescono a fare!
E’ interessante come la lingua del cammino non sia né l’italiano, né il francese, né addirittura lo spagnolo, ma la lingua della solidarietà e dell’accoglienza. La volontà infatti, di capirsi e di venirsi incontro supera ogni frontiera e costituisce di fatto un linguaggio comune, una sorta di “esperanto” che va al di là delle parole, al di là delle regole grammaticali e dei termini. Chi cammina con il giusto spirito non incontrerà mai problemi né a farsi capire né tanto meno a capire gli altri. Per chi è un pellegrino vero, un pellegrino cristiano, il cammino è un’esperienza di Chiesa incredibile. A tal proposito, Daniela mi considera un fenomeno, dice che sono diventato stranamente poliglotta e soprattutto socievole! Ancora una volta, Esto es el camino!!
Domani si va a Palas de Rei
P.S. C’è un signore nel nostro gruppo, si chiama Paco, che mi ha medicato il dito con una apprensione ed una cura che mi hanno commosso in maniera incredibile. Più che il dito credo che abbia curato la disillusione che spesso nasce nel mio cuore. Il bello è che quando gli ho detto che era mitico lui ha risposto in un italiano un po’ abbozzato: “No mito, ma padre de familia”.
‘Notte!
La strada è stata molto bella, ma il mio piede è completamente andato! Mi sono dovuto fermare per il dolore a metà del cammino, rimedicare il dito e proseguire con i sandali aperti, che in realtà avevo portato soltanto per fare la doccia. Mi sento un po’ come un turista tedesco con i miei sandalini ed il calzino bianco sotto i jeans! Ho dovuto pure prendere un antidolorifico per riuscire ad andare avanti, ma ce l’ho fatta! Emilio mi dice che io non sono un pellegrino, ma un penitente!!! Manuela, una signora tostissima del gruppo, che si sta facendo il cammino con noi dopo ben due interventi chirurgici di riduzione intestinale, mi ha dato un blister intero di ibuprofene… domani lo userò per poter camminare, sperando che all’arrivo non mi facciano il test anti doping!!
Questa esperienza del piede e della sofferenza fisica durante il cammino mi ha fatto riflettere su come il nostro corpo vada rispettato ed amato. Non è importante solo lo spirito, ma anche il corpo al quale va dedicata la stessa attenzione e la stessa cura. Nel cammino non si può andare avanti né con il solo spirito né con il solo corpo: senza le giuste motivazioni la stanchezza sarebbe insopportabile, senza un corpo efficiente le motivazioni ci lasciano seduti sul divano.
Altro elemento ormai palese è come durante questo cammino il Signore mi stia mettendo in condizione di non poter mai contare su me stesso: tutte le volte che mi sento sicuro, penso di potercela fare, capita sempre qualcosa che mi rende bisognoso di aiuto, aiuto che però è sempre lì pronto a soccorrermi. E’ come se il Signore mi costringesse costantemente ad affidarmi a Lui ed al contempo non lascia mai disattesa questa fiducia. Persino le scarpe, i sandali che porto ai piedi, non sono adatti al trekking ed ho come la sensazione che possano rompersi da un momento all’altro. In questo viaggio la provvidenza opera in maniera continuativa, palese, palpabile, è davvero incredibile. Sono certo che quanto vissuto in questi giorni servirà come “provvista per l’inverno” che indubbiamente prima o poi arriva ed è giusto così!
In ogni caso, per il momento, il problema al piede mi sembra abbastanza serio e onestamente mi preoccupa un po’. Spero nel Signore!
Domani si va ad Arzua!
‘Notte
Oggi ho percorso ben 30km! Siamo arrivati ad Arzua! Il piede mi fa ancora male, ma non mi preoccupa più!
Seduto sul mio letto a castello, penso alla giornata di oggi che è stata davvero piena! Rifletto sul fatto che partendo da Palermo, avevo chiesto al Signore di farmi fare esperienza del suo amore qui a Santiago e lui mi ha esaudito, a tal punto che oggi mi sono commosso più di una volta riuscendo spesso a trattenere le lacrime a fatica. Sia io che Daniela siamo oggetto di attenzioni, di affetto e di cura continua da parte di questi nostri amici, fratelli, “salesiani”. Ci sentiamo coccolati ed amati. Se si considera che di fatto per loro noi siamo stranieri, perfetti sconosciuti e che soprattutto difficilmente avremo modo di poter ricambiare, le loro premure continue nei nostri confronti hanno quel raro sapore di autenticità e gratuità tipico di un amore vero. Ognuno di loro ci vuol bene a suo modo secondo le loro personalità e secondo le loro capacità. Ci siamo affezionati molto e sarà difficile salutarci una volta arrivati a Santiago.
Durante il cammino, specialmente con le persone che hanno il nostro stesso ritmo, si è creata una sintonia incredibile. Con una signora, catechista di una parrocchia affidata ai salesiani, Olga, si è creata anche una particolare intesa spirituale e di vita: si parla molto e soprattutto si prega con il rosario tutti i giorni. Nessuno di noi conosce a memoria i misteri così ad ogni decina abbiamo deciso di pregare per una particolare intenzione. E’ un rosario, anche questo, che non ha confini, pregato in italiano e spagnolo, ma soprattutto pregato con fede, fiducia e comunione.
Vivere in un gruppo completamente nuovo e soprattutto senza alcuna “preparazione”, senza cioè alcuna conoscenza pregressa, mi ha fatto entrare in una realtà ecclesiale in maniera immediata. In particolare ciò che traspare è come queste persone, inclusi i ragazzi seppur nella spensieratezza ed incoscienza dei loro 17 anni, incarnino perfettamente il carisma di Don Bosco, carisma che avevo già avuto modo di conoscere da piccolo, ma che mai avevo vissuto così da vicino. Molti pregiudizi tipici dei nostri gruppi ecclesiali sono completamente assenti e questo da loro la capacità di essere accoglienti a 360 gradi, e di questo me ne accorgo non solo con noi, ma anche con tutte le altre persone che incontrano. Adesso intuisco tra l’altro, come molte delle dinamiche che nella mia esperienza di gruppi giovanili appaiono consolidate e sulle quali pochi sarebbero disposti a soprassedere, in realtà possono costituire un vero e proprio fardello. Questo gruppo vive di una spiritualità viva ed incarnata senza molti fronzoli e soprattutto senza molti atteggiamenti puramente esteriori, che spesso caratterizzano i movimenti ed i gruppi. Il loro punto di forza sta nella qualità delle relazioni che costituiscono innanzitutto tra di loro, relazioni sincere, seppur con i problemi tipici che nascono in ogni comunità, che li fanno vivere certamente alla presenza del Signore, alla presenza di un Dio che è amore e che si manifesta proprio nell’amore tra loro. E’ proprio in questa dinamica di amore che di fatto ci hanno inserito, ed è per questo che non posso non aver consapevolezza che il Signore abbia agito direttamente. E’ qualcosa di inspiegabile, sopratutto a chi il cammino lo fa come un esercizio di trekking, ma spero, anzi ne sono sicuro, tutti ne facciano esperienza prima o poi.
Domani si va a Santa Irene!
‘Notte!
Il percorso di oggi è stato non solo più facile degli altri, ma anche più breve! Circa 19 km passati sotto un cielo appena nuvoloso che nascondendo il sole fa andare avanti spediti e freschi. La tranquillità del cammino di oggi fa ancora una volta concentrare sulle relazioni con gli altri compagni di viaggio, si comincia a pensare a Santiago, che ormai è solo ad un giorno di cammino, e si comincia a pensare anche agli addii che fanno anche parte del cammino e sono forse l’aspetto più doloroso ben più di ogni vescica, dolore articolare o tendinite.
Lungo il percorso si trova anche la tomba di un certo Watt, pellegrino morto ad un solo giorno da Santiago, praticamente ad un passo dalla meta. E’ incredibile come certe volte gli obbiettivi ci sfuggano di mano quando pensiamo di averli già presi.
Una cosa è certa, tutta questa strada di per sé è inutile! Non ha alcun valore se non per ciò che accade passo dopo passo, se non in quanto occasione che si da a Dio di operare indisturbato nel nostro cuore. Sì, ormai ad un solo giorno da Santiago ho chiara la dinamica che il cammino ha innescato nel mio cuore. Il camino è un momento di fede altissima, di quella fede che sa fare silenzio, sa fare spazio, sa attendere, sa aspettare, sa lasciar posto alla creatività del Signore oltre ogni razionalità, oltre ogni intellettualismo, oltre ogni devozione. Il cammino, infatti non è solo devozione, anzi proprio quando non si vive come devozione, ma come adorazione, come un agone con Dio, con quel Dio che si mette in gioco con la creatura, diventa un vero e proprio sacrario nel quale avviene l’incontro con il Signore, un incontro che è un puro guardarsi negli occhi, un puro essere l’uno di fronte all’altro, senza troppe parole, senza troppi ragionamenti, ma semplicemente faccia a faccia. L’essere l’uno di fronte all’altro, creatura e creatore, in un incontro nel quale Dio si dona come amore, un dono che trova compimento nella celebrazione dell’eucaristia che in questi giorni non è mancata mai, tappa dopo tappa.
Non so per quale altro motivo ci si possa mettere in cammino, anzi sono sicuro che ogni altro motivo è assolutamente futile, ricadendo semplicemente nella dimensione dello sport o del turismo. Ma per fortuna “Esto es el camino”, questo è il cammino indipendentemente dalle proprie intenzioni iniziali, e sono altrettanto sicuro che il Signore si rivela nelle pieghe della fatica, dell’impegno, della stanchezza, a tutti coloro che si mettono a camminare lungo la via di Santiago. Tutto sta nel voler accorgersi e nell’accogliere i doni che certamente il Signore fa a tutti coloro che camminando, vorranno farsi pellegrini.
Domani dunque Santiago!
‘Notte
Oggi finalmente si arriva a Santiago! La giornata però parte con un po’ di tristezza ed agitazione. Oggi è l’ultimo giorno con i nostri compagni di viaggio. Facciamo circa 23km, un vero massacro a causa dei forti dislivelli e per la strada quasi tutta sterrata e percorsa sotto la luce diretta del sole.
La salita di Mote do Gozo, è effettivamente dura, soprattutto perché sembra non si arrivi mai. Una volta giunti al monumento eretto in memoria del pellegrinaggio di Giovanni Paolo II in occasione della GMG del 1986, con la periferia di Santiago ormai all’orizzonte, le emozioni sono contraddittorie. La visione della meta che dovrebbe riempire il cuore di gioia, in realtà ricorda che il meglio è passato, che il cammino è di fatto finito, che si deve scendere da quel monte (do Gozo! – che significa della Gloria) sul quale sarebbe molto bello costruire “tre tende” (Mt 17,4) ! Ma il cammino ha anche i suoi ritmi e dopo una pausa per riprendersi, prima degli ultimi 4km, si riparte abbastanza velocemente cercando di scacciar via ogni malinconia prematura e richiamando alla memoria, per non perderlo, ciò che ci ha portato sin qui, i profumi e gli odori della Galizia rurale, gli incontri, le chiese, i paesaggi.
Arriviamo in tempo, distrutti, come veri pellegrini, sporchi e sudati alla messa del pellegrino, quella delle 12, nella splendida cattedrale di Santiago. La chiesa è strapiena, celebriamo la messa sedendoci per terra, alla base di una colonna. E’ il vero culmine di tutto il cammino, di un’esperienza di Dio così profonda da non consentire di trattenere le lacrime per l’emozione, per la consapevolezza di essere amati così come si è, gratuitamente, anzi, di essere amati proprio in forza di ciò che si è!
La condivisione con gli altri pellegrini e soprattutto, la condivisione con il nostro gruppo adottivo dei Salesiani (dai quali non ci siamo separati neanche per un momento) di ogni cosa: dal mangiare al dormire, dalle gioie ai timori, le ansie, gli acciacchi e soprattutto della fede, ha creato un legame talmente forte tra noi, “Gli italiani”, e loro, al punto che lasciarli sarà effettivamente uno strazio.
In ogni caso, oggi facciamo tutto insieme: la messa, il ritiro della compostela, l’abbraccio al Santo e ovviamente tutte le enormi file necessarie! Malgrado io e Daniela avessimo altri tre giorni a Santiago, mentre loro partiranno già domani, è con loro che decidiamo di vivere il nostro “Arrivo a Santiago”! Ci separiamo solo una mezz’ora nella quale cerchiamo una pensione disponibile per la notte successiva e ci ritroviamo poi, ormai sono le 19, tutti seduti per terra nella piazza di fronte alla splendida facciata barocca della cattedrale.
A cena mangiamo una pizza, e dopo sul pavimento di legno del “Centro Don Bosco” si fa un’ultima assemblea (condivisione delle emozioni della giornata che abbiamo fatto prima di dormire quasi ad ogni tappa) addolcita con una torta, latte e cacao.
Questa è l’ultima notte, una notte strana, è l’ultima notte insieme, una notte che ha il tono dell’addio. Domani ci dovremo salutare. Tutti pensano ai saluti del giorno dopo, perché nel frattempo non solo noi ci siamo affezionati a loro, ma anche loro si sono affezionati a noi. Nel portafoglio ho quanto di più prezioso si possa avere: i loro indirizzi, le loro email, i loro contatti facebook.
Ricordo il silenzio di quella notte, un silenzio malinconico e triste, tra la speranza per il domani ed il dolore del saluto, un saluto che ha un po’ il sapore dell’inquietudine di chi sa e conosce bene il valore di ciò che sta lasciando. Non c’è più niente da dirsi ormai, si sta in silenzio, ognuno nel proprio letto, lanciando un’occhiata ogni tanto al vicino per vedere se già dorme, per incrociare ancora una volta gli sguardi. Il cammino infatti non è solo una metafora di tutta la vita, ma ne fa anche parte. E’ un condensato di situazioni reali, tangibili, non è un gioco! Il cammino non è un grande “parco a tema”. Quando si riesce a concluderlo, e soprattutto, quando ci si riesce grazie alla comunione in Cristo con gli altri pellegrini, come è successo a me e Daniela, si vorrebbe che anche tutta la vita fosse così: si vorrebbe che quei compagni di cammino, quelle dinamiche di solidarietà, unione, affetto, gratuità, amore, ci fossero ogni giorno della propria esistenza. Ecco cosa si saluta in questa notte, ecco perché è così difficile lasciare il cammino, ecco perché questa notte è fin troppo, troppo breve. Già la città di Santiago, infatti, è una città ricca di contraddizioni che fa perdere quasi tutta quella magia del pellegrinaggio: qui non sei più un pellegrino, ma un turista di cui diffidare, a cui spillare denaro speculando sulla fede.
Il ritorno a casa, seppur desiderato ardentemente, mette un po’ paura. Il cammino è capace di cambiarti in pochi giorni, ma quando torni a casa sai già che tutti gli altri saranno quasi sicuramente rimasti come prima, come quando li hai lasciati. Per loro la vita, in questi pochi giorni, è trascorsa normalmente, senza variazioni, e sarà difficile dire, spiegare, raccontare emozioni e sentimenti, avventure ed errori. Sarà invece molto facile essere risucchiati dalla routine, dalle solite dinamiche che si vorrebbe abbandonare, dagli errori che non si vorrebbero più ripetere e per i quali, magari, ci si è messi in cammino.
Il cammino è un dono, un dono di Dio e come tale va protetto, protetto nel segreto del proprio cuore. Deve essere custodito ed accudito affinché porti frutto. Il cammino è un seme gettato nel più intimo di sé stessi che, se curato diligentemente, porterà sicuramente frutti inaspettati.
Gioie, sorrisi, abbracci, lacrime, dolori, sforzi, soddisfazioni, delusioni, scoraggiamento, emozioni, baci, benedizioni, coraggio, paura, solitudine, tutto va conservato e tutto va protetto perché il cammino ha il potere di purificare ogni cosa affinché diventi segno e strumento di grazia.
E’ proprio questo a mio avviso, alla fine di questa esperienza, il potere più grande del cammino: purificare il cuore, purificare atteggiamenti, intenzioni, errori. Se infatti nel cammino, ci si mette di fronte oltre che a Dio, anche a noi stessi, ai propri difetti, ai propri peccati, alle paure, alle speranze, ai desideri, questi verranno certamente purificati e diverranno, là dove magari erano ostacolo, un mezzo, un aiuto, per la realizzazione di sé stessi nell’amore di Dio.
“La pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo” (Salmo 117)
Il cammino è un vero e proprio dono di Dio: va accolto e custodito con cura. L'esperienza del cammino è esperienza di Dio: indimenticabile e sconvolgente.
E’ difficile riprendere la solita vita! C’è un rischio profondo di “mal d’Africa”, la voglia di essere ancora in cammino, di sentire ancora quegli odori, quei sapori, di vedere quei paesaggi che al di là della loro intrinseca bellezza, hanno soprattutto il sapore della semplicità e dell’essenzialità, quell’essenzialità che spesso, in una grande città, si perde tra le luci e gli slogan ammiccanti delle strade, tra la frenesia delle automobili e la fretta di chi è in costante ritardo per qualcosa.
Molti sono i propositi che un pellegrino si porta a casa, e molti infatti sono i propositi che mi sono portato a casa! E’ però veramente difficile mantenergli fede. Come ho scritto più volte l’esperienza più bella del mio cammino è stato il rapporto con gli altri, e sicuramente su questo ho basato uno dei miei principali propositi: stabilire relazioni, oltre che più autentiche, anche più cordiali con le persone che incontro. Niente di più complicato! E’ veramente difficile essere più cordiali, perché è veramente difficile non farsi sopraffare da chi ti sta intorno.
Purtroppo quello che manca in generale sono le condizioni minime per la civile convivenza ossia il rispetto della dignità di tutti, dei diritti, della specificità della persona. Difatti, mentre in una situazione come quella del cammino c’è il presupposto di voler mettersi in “viaggio”, un viaggio sulle orme di un apostolo, di voler mettersi in gioco, oltre che il rispetto degli altri pellegrini come te e soprattutto il rispetto dei rispettivi desideri e delle rispettive attese, nella vita di tutti i giorni questo atteggiamento manca molto.
Altra nota del mio mal d’Africa è sicuramente la specificità dell’obiettivo. Nel cammino, infatti, ci si concentra su un unico obiettivo: la tappa. Nella vita però la situazione è molto più caotica, soprattutto perché spesso l’obiettivo che ci si prefigge non è abbastanza messo a fuoco, oppure è incerto. Altro dono del cammino è sicuramente questo: imparare a focalizzare i diversi obiettivi, le diverse tappe senza scoraggiarsi e soprattutto con costante fiducia nella provvidenza.
Per ora mi fermo qui. Molte sono le riflessioni che nasceranno dall’esperienza del cammino. Quelle che sono nate durante e subito dopo le ho già scritte, divise tappa per tappa, nella sezione «diario di viaggio» alla quale vi rimando! Le prossime continuerò piano piano a segnarle in questa sezione. Alla prossima!
Un bel filmato su youtube che mostra la giornata tipo del pellegrino… sembra quasi di sentire i profumi, ed il clima del cammino!